Dott. Franz W. Baruffaldi Preis

Le grandi ustioni oggi


Ustione al viso di II grado

Il problema delle lesioni da calore, in Italia come nel resto del mondo industrializzato, è particolarmente sentito ed attuale soprattutto alla luce del progressivo aumento di pazienti gravemente ustionati che giungono all'osservazione dei centri specializzati. Secondo le rilevazioni eseguite nel 1986, sembra che nel nostro Paese si sia toccato il tetto delle 100.000 persone interessate annualmente da questo tipo di lesione. Tra queste il 10% risulta di entità tale da richiedere il ricovero in ospedale. Le cause di questo preoccupante fenomeno sono da ricercare principalmente nella leggerezza con la quale vengono manipolate sostanze ed apparecchiature pericolose, addomesticate dal solo fatto di essere entrate a far parte delle consuetudini della vita moderna. Infatti mentre negli ultimi 20 anni si è assistito ad una progressiva diminuzione degli incidenti sul lavoro grazie alle norme di sicurezza che, quando osservate, permettono di limitare la pericolosità delle fonti di calore o dei materiali infiammabili, per quanto riguarda gli incidenti domestici, i dati sono allarmanti, sopratutto se si considera che rappresentano il 60% delle cause di ustioni e che queste percentuali sono destinate ulteriormente a salire. Si può quindi affermare che in periodo di pace, le abitazioni in cui vengono normalmente conservate buone scorte di potenziali ordigni esplosivi, corrispondono a vere e proprie polveriere. Ci riferiamo a tutti quegli oggetti che vanno dal fiammifero, ai giochi pirotecnici, agli elettrodomestici da guerre stellari, che risultano particolarmente stimolanti per la pericolosa inventiva dei bambini, e poco pratici nella comprensione del corretto funzionamento, per gli anziani. Sta di fatto che in entrambi i casi, analizzando la meccanica con la quale avvengono gli incidenti più comuni, emerge come in generale venga dedicato poco tempo alla educazione ed al rispetto degli oggetti a rischio. La pentola d'acqua bollente, così come il filo elettrico non isolato sono agenti eziologici comuni, ma ciò che rappresenta la vera bomba molotov casalinga è la classica bottiglia di alcool, troppo spesso impiegata per ravvivare il fuoco nel caminetto o conservata in prossimità di fonti di calore. Ci sembra importante sottolineare come, troppo frequentemente, a seguito di un gioco o di una fatalità si assista a tragedie umane consumate al rogo di questo diabolico liquido infiammabile. A peggiorare la situazione si consideri che mentre nella costruzione degli ambienti per la collettività sono richiesti materiali ignifughi, nelle abitazioni vige la legge del "tutto permesso", e da una scintilla in prossimità di tende e moquette, si evita di passare ad un falò solo per caso.

Gravità dell'ustione

L'entità dell'ustione viene normalmente valutata attraverso due parametri: la superficie corporea ustionata e la profondità del danno. Per quanto riguarda la quantificazione dell'estensione del danno, ci si avvale dell'impiego di schemi prestampati, nei quali il corpo risulta suddiviso in aree alle quali corrispondono valori riferiti, in percentuale,alla superficie corporea totale. Gli schemi che per gli adulti sono standard, nei pazienti al di sotto dei 15 anni devono essere modificati, in rapporto all'età, sopratutto se vengono interessate regioni come la testa, la coscia e la gamba. Infatti nel bambino, i distretti sopraccitati occupano percentuali di superficie corporea diverse che nell'adulto. Ad esempio, la testa che nel bambino rappresenta il 19% della superficie totale, nell'adulto costituisce solo il 9%. Per quanto riguarda la profondità dell'ustione, questa risulta essere direttamente proporzionale alla temperatura dell'agente termolesivo ed alla durata del contatto. Essendoci una corrispondenza ben precisa tra l'aspetto della lesione e la profondità del danno, attraverso l'esame clinico è possibile dare un giudizio prognostico abbastanza preciso in termini di possibili complicazioni, periodo richiesto per ottenere una guarigione, e necessità di intervento chirurgico.
Classicamente le ustioni vengono distinte in ustioni superficiali ed ustioni profonde, intendendo fare con questa distinzione una prima discriminazione tra le lesioni che tendono alla guarigione spontanea senza sequele cicatriziali e quelle che invece necessitano di un intervento chirurgico. La forma più lieve, che corrisponde al primo grado, coinvolge gli strati più superficiali dell'epidermide ed ha come segno di riconoscimento l'arrossamento della cute (eritema) e l'edema, ossia il gonfiore della regione che ha subito la modificazione termica. Rientrano in questo quadro gli eritemi provocati dall'eccessiva esposizione ai raggi ultravioletti, come spesso avviene in alta montagna,ed in mancanza di sole per l'incauto uso delle lampade abbronzanti. Fortunatamente questa patologia non si associa a grandi alterazioni fisiopatologiche, dato che la struttura che contiene la barriera di permeabilità ai liquidi, ossia il derma, non viene interessato. Il colore della cute tende a tornare normale nel giro di una settimana e questo si accompagna alla regressione della sintomatologia dolorosa. Essendo il danno limitato alla desquamazione dello strato corneo, non è necessario intraprendere alcuna terapia. 


Flittene all'avambraccio

Le ustioni di secondo grado coinvolgono l'epidermide ed una porzione di derma. E' un tipo di lesione che tende a guarire spontaneamente se non subentrano complicazioni di carattere infettivo o se il paziente non è portatore di patologie di base che complicano i processi riparativi. Il segno che caratterizza la flittene o bolla, che sotto forma di sacchetto ripieno di siero può raggiungere anche dimensioni considerevoli è che, una volta rotta, il fondo della ferita si presenta di colore rosso intenso e secernente. La riepitelizzazione avviene a partire dalle cellule basali che rappresentano anche in condizioni fisiologiche lo strato rigenerativo che permette alla cute di rinnovarsi costantemente. Queste cellule seguono la superficie ondulata delle papille del derma e si approfondiscono negli sfondati dei follicoli piliferi. Il numero di cellule deputate alla rigenerazione è legato alla profondità della lesione. Su questo tipo di valutazione quantitativa si basa un'ulteriore suddivisione dei secondi gradi in: superficiali e profondi. Infatti mentre i primi guariscono velocemente, i secondi, dovendo fare affidamento solo sugli elementi cellulari sopravissuti negli sfondati ghiandolari e alla base delle papille dermiche, richiedono tempi più lunghi e tendono a trasformarsi in lesioni a tutto spessore. Nei secondi gradi superficiali la riepitelizzazione spontanea giunge a compimento nel giro di 10 giorni. Quando a seguito dell’avvenuta riepitelizzazione, il dolore spontaneo provocato dalla compressione e dall’esposizione delle terminazioni nervose, regredisce, lascia per alcune settimane un’ipersensibilità agli stimoli fisici. Per quanto riguarda i secondi gradi profondi, questi si distinguono dai superficiali per il colore della cute che, alla rottura o apertura della bolla, si presenta rosa pallido mista a zone tendenti al rosso. Essendo coinvolto gran parte del derma reticolare, sono necessari circa 20 giorni per guarire. La lesione di secondo grado comporta una compromissione della barriera cutanea sia per quanto riguarda la permeabilità ai liquidi che per la contaminazione batterica. A questo proposito, nell'adulto, quando la lesione supera il 20% della superficie corporea viene richiesta l'ospedalizzazione, mentre per il bambino e per l'anziano vengono considerate a rischio aree anche inferiori. La lesione più grave risulta quella di terzo grado, caratterizzata da una necrosi completa della cute con possibile interessamento del sottocute e dei tessuti più profondi. Essendo distrutte le terminazioni nervose il paziente paradossalmente sente meno dolore che nelle ustioni più superficiali. Il fondo della ferita si presenta di solito rosa pallido o bianco o giallastro, ma nel giro di pochi giorni si trasforma in un tessuto coriaceo scuro denominato escara. E' la conferma che la cute non è più vitale. Questo dato corrisponde alla compromissione della possibilità di guarigione spontanea a meno che la lesione non sia sufficientemente piccola da poter consentire una riepitelizzazione per migrazione cellulare dai margini sani. Anche in questo caso, se la piaga non mostra segni di guarigione entro 15-20 giorni dall'evento lesivo, deve essere preso in considerazione l'intervento chirurgico per evitare l'insorgenza di un processo cicatriziale carente sia dal punto di vista estetico che funzionale.
Fattori condizionanti la guarigione.
Esistono parti del corpo che reagiscono con maggiore tenacia all'insulto termico rispetto ad altre. Il palmo delle mani, la pianta dei piedi ed il dorso grazie al loro spessore tegumentale, posseggono una buona resistenza all'ustione. Per la stessa ragione, regioni coperte da cute sottile come il dorso, delle mani, il viso ed i genitali sono molto vulnerabili. Nonostante le caratteristiche della cute varino da individuo ad individuo, deve essere ricordato come nei bambini e negli anziani lo spessore cutaneo sia costantemente ridotto alla metà di quello di una persona adulta. Ciò giustifica il fatto che in questi pazienti basta poco per far virare una lesione inizialmente superficiale in una a prognosi più grave. L'agente patogeno è anch'esso influente sulla gravità della termolesione: infatti i materiali che hanno maggiore capacità termica (capacità d'immagazzinare calore e cederlo al malcapitato) provocano più danno. Inoltre i catrami, le plastiche, i metalli, le resine provocano lesioni più profonde rispetto ai liquidi perché, aderendo alla cute hanno a disposizione un tempo distruttivo più lungo. Sempre nella meccanica dell'incidente , un'evenienza che frequentemente condiziona sfavorevolmente il superamento del trauma è rappresentata dalle lesioni dell'apparato polmonare dovute alla inalazione di gas, fumi e vapori tossici. Le sostanze inalate, se tossiche o a temperatura elevata, svolgono un'azione demolitiva nei confronti delle strutture deputate agli scambi di ossigeno ed anidride carbonica a livello alveolare. Purtroppo il quadro che inizialmente può ingannare per quanto riguarda la modestia delle lesioni cutanee può, nel giro di pochi giorni, precipitare proprio a causa di una complicazione polmonare.

Terapia delle ustioni

Come è stato detto precedentemente, le ustioni di primo grado non richiedono terapia, ma associandosi frequentemente a cherato congiuntiviti di tipo attinico (solare), viene consigliato un periodo di riposo al riparo dalla luce e l'impiego di colliri. Le ustioni di secondo grado di piccole dimensioni, quando creano flittene di diametro inferiore a 2 cm. non vanno manipolate, dato che la bolla normalmente non tende a rompersi spontaneamente e svolge un'azione protettiva. Se le raccolte di siero sono ingenti, fino a formare vere e proprie sacche, vanno aperte e la superficie cruenta deve essere ricoperta da sostituti cutanei sintetici o semisintetici o biologici sterili. Se questi non fossero a portata di mano, le garze grasse svolgono una buona azione protettiva, riducendo le possibilità d'infezione e svolgendo un'azione protettiva nei confronti degli insulti meccanici. Negli incidenti che causano piccole lesioni di primo e di secondo grado, il paziente che giunge all'osservazione di un Centro Ustioni, normalmente ha già sottoposto il caso al consulto dei vicini di casa, degli amici e dei parenti. Ne consegue che la regione lesa viene frequentemente coperta con cocktail a base di pomate sedative, oli e spezie, erbe miracolose, ecc.. Per fortuna quando la lesione è superficiale, ciò non interferisce eccessivamente con i processi di guarigione, ma nei casi più gravi e più estesi queste applicazioni provocano complicazioni e si rende necessario asportare il preparato con grande pena per il paziente. La raccomandazione universale nel caso di ustione, è in questi casi di togliere velocemente gli indumenti coprenti la regione interessata, lavarla con acqua corrente, e ricoprire il tutto con un indumento o un telo (lenzuolo) pulito, in attesa di raggiungere il pronto soccorso più vicino.

Ustioni gravi

Il paziente che presenta una superficie cutanea ustionata di 2° o 3° grado, superiore al 20%, deve essere a nostro avviso tenuto in osservazione presso un Centro Specializzato. Quando la lesione è estesa e profonda, i problemi terapeutici da risolvere si succedono secondo una sequenza cronologica costante. Nella prima fase (acuta) il risultato da ottenere è rappresentato dal superamento dello shock ipovolemico. E' questa la situazione in cui si trova il paziente che, avendo perso temporaneamente la capacità dei vasi capillari che irrorano la cute ustionata a trattenere i liquidi, ne perde quantità misurabili in litri. In attesa che si ripristini una permeabilità normale, si deve reintegrare il volume di liquidi che circola nell'organismo. A questo proposito, grazie ai progressi avutisi negli ultimi dieci anni nel campo della terapia rianimatoria/infusionale ed all'impiego di formule reidratanti che, oltre all’importanza dei liquidi, tengono conto anche dei sali, il superamento di questa fase iniziale non presenta grossi problemi, se non in casi disperati. Il secondo grande ostacolo da superare, che coincide con la fase subacuta della malattia e che vanta il maggior numero di insuccessi terapeutici, è l'infezione. Il paziente ustionato si trasforma facilmente in un terreno di coltura per i microrganismi. Ciò è facilitato dalle ridotte capacità di difesa dovute all'immunodepressione ed al deperimento fisico che crea la malattia. A peggiorare la situazione si consideri che nei centri ustionati e nelle terapie intensive è immancabile la superselezione di ceppi batterici che progressivamente sviluppano resistenze alle terapie farmacologiche tradizionali. Per queste ragioni se il paziente non viene sottoposto a terapie antibiotiche ed antisettiche supermirate, testando attraverso esami microbiologici quelle più efficaci, si rischia d'imboccare la strada senza ritorno che in termini tecnici viene descritta come sepsi e che corrisponde alla vittoria dei batteri sulle difese corporee. La terza fase corrisponde alla fase riparativa. Le ustioni profonde che non guariscono spontaneamente devono essere trattate chirurgicamente. La chirurgia moderna tende ad asportare precocemente i tessuti necrotici, per evitare che questi diventino fonte d'nfezione, e ad innestare le zone cruente con autoinnesti di cute prelevati da sedi non danneggiate dall'ustione. Gli innesti vengono prelevati con particolari strumenti chiamati dermotomi calibrando lo spessore in modo che al sito donatore rimanga la possibilità di guarire spontaneamente attraverso l'azione dello strato germinativo di cui si è parlato prima. I prelievi possono essere innestati direttamente o passati prima attraverso uno strumento che li trasforma in reti. In questo modo, creando delle fenestrature, è possibile estendere l'innesto fino ad una superficie 3, 4 volte maggiore rispetto a quella di partenza. In circa 10 giorni il paziente che ha subito i prelievi e gli innesti dermoepidermici, se questi ultimi attecchiscono, può considerarsi guarito. Infatti la ricostruzione dell'integrità del mantello cutaneo corrisponde di solito con le dimissioni del soggetto. Purtroppo ciò non corrisponde con la fine della tragica avventura. E' solo l'inizio di un 'ultima lunga fase, che a volte dura anni e che riguarda esiti cicatriziali. Le cicatrici da ustione sono particolarmente evidenti ed invalidanti. La modulazione della cicatrizzazione, almeno dal punto di vista farmacologico deve ancora fare passi da gigante per poter dare speranza a quei pazienti a cui realmente può ridurre i danni. Se la terapia è intrapresa subito dopo la fase chirurgica, l'applicazione di una terapia compressiva, di solito eseguita mediante guaine elastiche, viene associata alla rieducazione motoria. Purtroppo alcuni esiti richiedono ulteriori aggressioni chirurgiche e la costante terapia fisioterapica per evitare che questi si trasformino in deficit funzionali pressoché totali. Sono terapie dolorose che spesso non incontrano il favore dei malati. Deve essere inoltre considerata la situazione psicologica dei soggetti colpiti da questa malattia che spesso non accettano il loro aspetto esteriore, o non viene accettato dagli altri. Purtroppo ciò tende a ridurre ai minimi termini il desiderio di essere ricuperati al mondo dei sani.

Conclusione

Come è stato descritto, le tappe obbligate che il paziente ustionato grave deve percorrere per poter tornare a sentirsi sano sono numerose. L'ustione a questo proposito viene considerata una vera malattia e non un incidente di percorso che possa essere risolto con una terapia d'urgenza. I risultati ottenuti finora sono incoraggianti, sia alla luce delle nuove scoperte nel campo della guerra agli agenti infettivi, che per tutti quei filoni di ricerca che si occupano dell'espansione cutanea in vitro (colture di cute) ed in vivo (skin expander), della stimolazione immunitaria e della modulazione degli esiti cicatriziali. Dobbiamo ricordare come soprattutto per questa patologia, la prevenzione, nonostante non sembri suscitare grandi interessi, si dimostra l'arma più efficace , più semplice da applicare e soprattutto meno traumatizzante per l'individuo.